Tra le proprietà della Vicinanza airolese ora appartenenti al Patriziato di Airolo, vi è l’Alpe di Campo la Torba situato in alta Valle Lavizzarra. Sin dall’epoca della battaglia di Giornico quest’alpe fu oggetto di dispute con i Valmaggesi.
Nel libro “La Leventina nel Quattrocento”, edito nel 1929 dalla tipografia Leins & Vescovi di Bellinzona l’autore, Prof. Emilio Bontà di Personico cita a pagina 43:
“Oltre gli alpi presi in affitto ci sono quelli comperati, dei quali si parla esplicitamente nelle recriminazioni ducali, senza tuttavia fare dei nomi. Chi siano i venditori non è ben chiaro c’entrano i nobili Orello, poiché si parla di cessioni fatte anche ad opera di feudatarium nostrorum in diocesi Comensi seu Mediolanensi”.
Eligio Pometta (Cerentino 1865-Bellinzona 1950), intravede tra gli alpi alienati quello di Campo la Torba, acquirenti gli Airolesi”, e siamo nel 1475!
Poi coi Valmaggesi le dispute continuarono sempre; quelle dell’800 sono qui riportate nelle cronache storiche delle testimonianze del diario del Trosi che alleghiamo per intero. Le stesse si complicarono negli anni ’60 del secolo scorso quando venne realizzata la seconda fase degli impianti idroelettrici dell’Ofima che comprendevano la costruzione delle dighe del Naret e la relativa captazione di tutte le acque della regione Naret e Pizzo Cristallina (parete est), tutto sito su proprietà del Patriziato di Airolo. Le entrate che sarebbero poi sgorgate dalla realizzazione di queste grandi opere fecero ovviamente gola a tutti, in primis, giustamente, ai proprietari dell’alpe!
Così non fu, coi Valmaggesi si aprì una lunga contesa sfociata nel 1981, in una salomonica sentenza del Tribunale federale che dava, con la giurisdizione anche le entrate a Fusio e la proprietà veniva, per fortuna almeno quella, riconfermata ad Airolo.
Nonostante gli incendi di Airolo del 1736 e del 1877 che hanno in pratica distrutto i nostri archivi, per le elette menti di Mon Repos non furono sufficienti neanche i documenti trovati negli archivi della Dieta di Stans a giustificare le nostre più che legittime rivendicazioni.
A memoria nostra non risultano alpigiani airolesi che abbiano caricato Campo la Torba, anche se i tempi di transumanza non sarebbero stati fra i più lunghi (a questo riguardo basta pensare quella di quasi 40 km. dei contadini patrizi di Giornico per arrivare al corte dei Larici dell’Alpe Cristallina, da loro acquistato anche nel XVesimo secolo).
Alla Festa patriziale di domenica 26 agosto 1984, organizzata per inaugurare le importanti migliorie effettuate sull’alpe di Campo la Torba, s’era parlato di un Beffa di Brugnasco che pareva avesse caricato l’alpe; poi però non si sentì più nulla.
In quell’occasione parte dei Patrizi si recarono in Campo la Torba con l’autobus, ma un bel gruppo valicarono il Passo dei Sassi poi, nel pomeriggio, Luciano Poncetta, l’impresario di Bignasco che aveva effettuati i lavori di ristrutturazione, con i suoi veicoli ci portò sino in fondo al laghetto del Naret e da li salimmo il breve tratto per valicare il passo. Poi affrontammo la lunghissima discesa sino ad Ossasco.
Nel 2012, 28 anni dopo, l’Ufficio Patriziale volle tornare a Campo la Torba con la Festa dei Patrizi. Come domenica 26 di agosto del 1984 anche quella di sabato 18 agosto 2012 fu una giornata con i classici sette soli.
Con il burro di Giorgio Dazio, a noi del Risotto Selvaggio, Cuochi ufficiali del Patriziato di Airolo, risultò una polenta strepitosa, soffice, anche più buona del solito, …laudat padèla…!
Il pane lo prendemmo dalla Gentile Signora dagli occhi azzurri, alla bottega dei fornai Poncini di Maggia.
Fu una giornata memorabile. Alle 19, in pieno sole, noi Tonella ancora eravamo, assieme a molta altra gente, nello stupendo ambiente del lago del Naret ad ammirare la est del Pizzo Cristallina e quella del Gararesc, oltre a tutte le altre cime attorno, inondate di sole.
A 30 anni dal risanamento dell’alpe, nel febbraio 2015, l’Assemblea Patriziale votò un credito di 380’000 franchi per il completo ammodernamento del caseificio. I lavori si svolsero nel mese di maggio così da essere terminati al momento del carico dell’alpe. Il Padrinato COOP, a supporto di questo nostro importante intervento, con un gesto molto apprezzato ha voluto sostenere l’operazione con un contributo di 70’000 franchi ! Il consuntivo dell’opera è stato di franchi 390`490.– a pieno merito anche del progettista ing. Augusto Filippini.
Dopo un brevissimo apprendistato, Giorgio Dazio, con la proverbiale e riconosciuta sua capacita, continuò a produrre i suoi apprezzatissimi formaggi che a ottobre ottennero, con valletta sua figlia Alice, il premio cantonale.
I Dazio di Fusio sono la famiglia che da generazioni è affittuaria dell’alpe di Campo la Torba.
Prima di Giorgio c’erano il padre Ugo assieme allo zio Giacinto, mentre il loro padre Leopoldo, li precedeva in questo rapporto commerciale, di amicizia e di stima che funziona bene da parecchi decenni.
Sabato scorso, 14 aprile 2016, al Gotthard Open di Ambrì ho trovato Giorgio Dazio. Abbiamo parlato di Campo la Torba ed è emerso che, sino alla costruzione delle dighe del laghetto del Naret, (Maggia 2, anni 1963-70, inaugurato nel 1970), gli alpi caricati erano due.
Il primo, con alpatore Ugo Dazio, comprendeva le corti di Campo di Sotto, Leit e Naret.
Il secondo alpe invece formato dalle corti di Casone, Grasso di Dentro, Garzonera e Fornà, aveva quale alpatore nonno Leopoldo ed il resto della famiglia.
Poi, dal 1970, fu creato un’alpe unico caricato da Ugo e Giacinto sino al 2006, quando, continuando la tradizione, iniziò la sua attività di alpatore Giorgio con la sua famiglia.
Nei pascoli più alti dell’alpe di Campo la Torba, nell’incantevole regione del Naret, si trova sul nostro territorio, a quota 2120 m, il laghetto di Sassolo.
I ripidi fianchi che lo contornano, vi scaricano d’inverno delle grosse valanghe che affondando formano degli autentici iceberg, oggetto di ricerca e di avventura nelle immersioni di appassionati sub.
Sull’ “Azione” del 7 luglio 2014, veniva pubblicato un articolo di Sabrina Belloni con bellissime foto di Franco Banfi. Li abbiamo rintracciati ed è così che possiamo riportare il tutto nelle prossime pagine del nostro sito.
Anche la TSI nella trasmissione “Sotto sopra” di metà agosto 2015, presentò un interessante servizio di Michelangelo Gandolfi sugli iceberg del laghetto di Sassolo.
Altre Genti passavano di quà o di là della montagna. Negli anni della fame e della miseria quasi disperata, i Cavergnesi in partenza per l’Australia, usavano salire la Lavizzarra, valicare uno dei passi meno aspri (Sassello o Büsen), per poi prendere il treno ad Airolo.
A pagina 100 del suo stupendo libro “Il fondo del sacco”, Plinio Martini descrive il penoso distacco di quei giovani dalle loro famiglie e dalla loro terra. Scrive persino che “alcuni avevano passata la montagna per rimandare l’ultimo saluto ad Airolo!”
Tutto il libro è molto chiaro, ma le pagine da 90 a 100 e anche oltre, fanno chiaramente comprendere il perché di tutte quelle partenze.
D’inverno, quelli di Ossasco invece, usavano risalire la Val Torta, passare il Naret e scendere a Fusio a fare carnevale. Me lo disse uno dei Leonardi, vissuto assai anziano!
“Chiamp e Piora ian mam e fiòra e Puntin lé u sö puscin”