Il clima di Airolo è influenzato dalla vicinanza del Passo San Gottardo che forma il limite climatico tra il sud e il nord. L’influsso del clima mediterraneo non è particolarmente sensibile, quello del versante nord alpino determina in modo particolare le condizioni climatiche locali. La posizione della conca di Airolo ostacola l’entrata diretta dei venti dal nord e sud, per contro quelli dall’est e dall’ovest hanno più o meno libero accesso. L’influsso del vento sui boschi varia secondo l’esposizione. Per Airolo esistono dati meteorologi esatti; nella tabella sottostante possiamo confrontarli con quelli del Gottardo e di Faido.
Le precipitazioni di Airolo, situato presso il limite climatico fra il sud ed il nord, sono superiori all’indice teorico relativo all’altitudine, mentre Faido, situato sul fondo della Leventina, si registrano meno precipitazioni che a Bellinzona. Se confrontiamo la ripartizione sui singoli mesi dell’anno constatiamo come ad Airolo il massimo delle precipitazioni (215 mm) cade in ottobre mentre il massimo primaverile si verifica in maggio con soli 164 mm.
La temperatura dell’aria dipende in generale dall’altitudine sopra il livello del mare e dall’esposizione. Maggior importanza per lo sviluppo della vegetazione arborea hanno i massimi ed i minimi della temperatura. Il periodo con una temperatura media di 10° e più, che in grosso modo corrisponde col periodo vegetativo, è di circa 135 giorni per la quota di Airolo. Verso l’alto questo periodo diminuisce ed è ancora di poco superiore ai 100 giorni a quota 1500, il che è pressappoco il limite della zona montana.
In generale i boschi del Patriziato di Airolo esposti a sud ed ad ovest hanno un clima relativamente caldo; per quelli esposti a nord ed est è invece piuttosto fresco; le precipitazioni sono ovunque abbondanti. Il limite naturale del bosco sarebbe pertanto assai più in alto di quello attuale.
La vegetazione varia in relazione alle condizioni orografiche, climatiche e pedologiche. Nella zona di Airolo queste condizioni non sono molto varie, per cui troviamo boschi assai uniformi e con poche specie arboree. Quale ultimi testimoni della zona temperata delle latifoglie troviamo nel fondo valle fino ad una quota che si aggira sui 1’300 m s/m.
La maggior parte dei boschi patriziali di Airolo appartiene ad associazioni con prevalenza della peccia. In basso incontriamo il Picetum transalpinum nel quale la vegetazione erbacea è ricca di specie. In mescolanza con la peccia troviamo il larice, l’abete, l’acero e qualche raro esemplare di faggio. Lo strame si decompone normalmente sul posto ed il ringiovanimento degli aggregati è relativamente facile, purché ci sia abbastanza luce. Per mantenere l’equilibrio biologico si cerca di mantenere la mescolanza delle specie. Le zone superiori sono invece occupate del Picetum subalpinum. In generale qui gli aggregati sono formati pressoché esclusivamente dalla peccia ad eccezione dei boschi relativamente giovani dove si nota una certa mescolanza del larice. Gli aghi caduti non vengono più decomposti e formano uno strato di humus grezzo che impedisce il ringiovanimento. La vegetazione erbacea è composta da poche specie: mirtilli ed eventualmente rododendri. I lariceti che si sviluppano sui pascoli alpini inferiori appartengono a questa associazione.
Le stazioni superiori, cioè verso il limite superiore della vegetazione arborea appartengono al Rhodoreto-Vaccinietum, che è la vera stazione biologica del larice.
Il limite superiore di alcuni aggregati non rappresenta in generale il limite naturale del bosco. Sui pascoli abbandonati cioè la dove l’uomo non interviene più e dove le forze naturali (franamenti e valanghe) non lo impediscono, il bosco si riforma gradatamente insediandosi dapprima le specie legnose destinate a preparare il terreno. Tra queste ricordiamo in particolare il nocciuolo nelle zone basse, la betulla in quelle sovrastanti e il larice nella zona superiore. Gli estesi aggregati di ontano verde rappresentano in generali uno stadio durevole la dove l’alto fusto non può avere il sopravvento sulle forze della natura.
Il faggio e l’abete bianco si riscontrano solo sporadicamente; essi crescono ma apparentemente non si propagano. Una motivazione per cui l’abete bianco, pur trovandosi in condizioni stazionali idonee per una crescita spontanea, non riesce a svilupparsi è da imputare alla forte pressione della selvaggina. Infatti questa specie viene particolarmente danneggiata dagli ungulati.
Per i boschi di Airolo le specie arboree frondifere non hanno alcune importanza del punto di vista economico. Dobbiamo per contro riconoscere la loro capacità di migliorare il terreno. Ad esempio, l’ontano fissa l’azoto al terreno e, come l’acero, il sorgo e il nocciuolo nelle zone inferiori favorisca la decomposizione dell’humus grezzo.