Valanghe e premunizione

Le valanghe sono sempre state un pericolo che la comunità airolese ha dovuto costantemente temere e affrontare.
La costruzione della prima tappa di ripari valangari inizia nel 1889 e dura sino al 1938, periodo nel quale sui pendii più erti attorno a quota 2400 m, per trattenere la neve vennero costruiti dei muri a secco.
Questi manufatti plurisecolari tutt’ora validi, durante i lavori di manutenzione degli ultimi decenni, sono stati attualizzati rafforzandoli con l’inserimento di gabbioni in rete metallica.

Nello scorso secolo la prima valanga fredda scese il 28 dicembre del 1923 arrecando gravi danni a cinque stabili: la casa di Leopoldo Rossi (ora Giulini), quella di Osvaldo Rossi che sul tetto distrutto si trovò una grossa pianta completa di ceppaia; poi su via San Gottardo, un primo stabile della famiglia Motta (ora Immoteco), in parte sventrato; indi l’albergo Motta (ora casa Grassi), che si trovò con le sale piene di neve e il tetto ad ovest, praticamente distrutto.

Il quinto stabile danneggiato era l’ex Hôtel Poste, costruito dalla famiglia Motta che nel 1912 lo aveva venduto alla Confederazione per inserirvi il comando della vecchia Fortverwaltung. Nel 1924 la Confederazione costruì il muraglione di protezione dietro alla palazzina. Ora lo stabile è di Roberto Filippi ed hanno lo studio medico i nostri due Dottori. Edo Borelli, nel suo storico archivio, ha una serie completa di foto di questa valanga.

Nel 1951 fioccarono ad Airolo, misurati, ben 13,15 metri di neve e nella terribile notte del 12 febbraio nell’abitato la valanga fece 10 vittime. L’enorme massa di neve devastò il paese su di un fronte impressionante, riempiendolo di neve dal posteggio della Chiesa sino alla fiera oltre a tutta la Via San Gottardo.
Il ”Flagello Bianco nel Ticino” è il giusto titolo dato al libro che descrive per filo e per segno quanto passato dalle popolazioni delle valli ticinesi, inermi dinanzi alla furia degli elementi.
Della vasta bibliografia che descrive compiutamente la grave disgrazia, fa parte anche il bel lavoro di Tania Dotta che, con il suo ”Valanghe nella storia dell’Alta Leventina”, racconta le vicissitudini passate dalla nostra gente.
Questo grave evento dette atto alla seconda fase di realizzazione dei ripari valangari costituiti da ponti da neve in alluminio o calcestruzzo precompresso, cantieri che durarono dal 1951 al 1968 e terminarono con una vasta piantagione di abeti e larici da quota 2000 metri sino al bosco.

Poi tutto filò abbastanza liscio, a parte nevicate di due metri attorno al 19 marzo del 1956, a inizio novembre del 1966 e il 5-6-7 di aprile del 1975 con tante valanghe ma solo danni materiali.
Poi, verso le 13 e 10 del 9 febbraio del 1984, venne notte. Una valanga polverosa saltava ancora il muraglione e, seguendo il suo percorso tradizionale ripercorreva esattamente il tragitto di quella del 1923.
Invece del Motta stavolta riempì il nuovo stabile Immoteco (costruito nel 1980-81), casa Giulini e casa Franco Grassi.
A quell’ora c’era in giro mezzo paese. Grandi e piccini si stavano spostando ovunque, ma fortunatamente nessuno restò coinvolto in quel terribile “bóff” che soffiò rami e rametti di abete sino sulla rampa auto, sulla stazione e su tutti i tetti delle case del quartiere.

Fu così che si dette inizio al più grande progetto di premunizione valangaria della Svizzera durato dal 1986 sino al 2014.
Silvano Ceresa (1935-2012) e Vito Rossi (1943-2012), furono gli ingegneri progettisti di tutto il complesso della terza fase di premunizioni valangarie e di rimboschimento.

Il servizio fotografico completo descrittivo delle opere, che possiamo inserire grazie allo studio Andreotti descrive eloquentemente i grandi lavori eseguiti in un vasto comprensorio dagli alpi di Sorescia e di Pontino sino sulle balze site attorno ai 2000-2400 metri di quota del grande bacino collettore di colate di neve nella Vallascia.

Testo di Renzo Tonella